VENEZIA – Se la situazione di pericolo che minaccia il traffico navale nel Mar Rosso dovesse peggiorare, i porti del bacino del Mediterraneo saranno a rischio. I primi impatti già si fanno sentire in termini di ritardo dei convogli, aumento di prezzi di noli e assicurazioni, crisi del lavoro sulle nostre banchine. Fulvio Lino Di Blasio, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Adriatico settentrionale – porti di Venezia e Chioggia – non si nasconde e conferma che i problemi ci sono: «Il rischio è molto elevato ed è all’attenzione del Ministro e di tutti i porti italiani. Negli ultimi anni si è sviluppata una grande consapevolezza del ruolo dei porti per quel che riguarda il traffico mondiale di beni. Dalla nave Ever Given, che si incagliò nel Canale di Suez, alla la pandemia e, da ultimo, agli eventi bellici, si è sempre più presa coscienza della centralità del traffico via mare per cittadini e imprese».
Di Blasio ha poi approfondito il tema, spiegando che tali rischi avranno impatti sull’economia: «Alcune aziende di noleggio container hanno alzato sensibilmente i noli, questo significa che inevitabilmente ci saranno ripercussioni per la catena logistica, per i consumatori finali, ma anche per la produzione, visto che con le navi transitano anche beni utili alle nostre aziende».
Infatti, secondo le prime stime, il porto veneziano nel solo gennaio 2024, rispetto allo stesso mese nell’anno precedente, starebbe subendo un impatto negativo del 30-35% per il settore del container.
Non c’è però solo la questione economica legata ai costi diretti, ma il ragionamento di Di Blasio si sposta anche sul concetto monetario legato al tempo: «I traffici hanno subito rallentamenti consistenti e, a cascata, a causa dei rischi legati agli attacchi, c’è chi ha scelto di fare il periplo del Capo di Buona Speranza, allungando le tempistiche e quindi creando ritardi».
Le soluzioni ipotizzabili sono principalmente due: «Una di tipo militare, con le scorte armate: il Governo italiano ha messo a disposizione due fregate. L’altro invece è un tema diplomatico: ci auguriamo tutti, cioè che il conflitto in Israele si concluda e che gli sforzi dell’Unione europea si possano sentire in questo ambito come per il tema del Mar Rosso».
Mentre per mitigare (senza risolvere del tutto) il problema dell’approvvigionamento dedicato a imprese e cittadini, una delle possibilità è quella di rinforzare – nel breve – altre soluzioni logistiche: «Ad esempio la rete ferroviaria, chiaro che non è una fattispecie che faccia bene al sistema portuale, ma può essere una contromisura efficace nel breve periodo».
Del resto, la diversificazione degli approvvigionamenti, come in finanza, può essere una variabile non da trascurare. Anche perché il bacino del Mediterraneo è il più colpito dalla situazione attuale: «Per il canale di Suez passa quasi tutto il traffico del Far East che serve al bacino Mediterraneo. Un’economia che, in proporzione, è salita negli ultimi anni più rapidamente rispetto ai porti del Nord, come Anversa o Rotterdam». E a cascata, quindi, i problemi sono per le realtà locali: «La crisi sta colpendo le tratte transoceaniche del Far East, tratte che hanno proprio come destinazione alcuni porti italiani». Venezia, in questo, potrebbe risentire meno del problema, pur non essendone esente.
Il rischio più alto da evitare è che il Mediterraneo possa esser escluso totalmente, in ragione della sicurezza, dai passaggi: «Bisogna evitare che le Compagnie di navigazione, per servire il mercato europeo, si affidino esclusivamente ai porti del Nord, cancellando le torre interne. Ma questa è un’emergenza che deve essere affrontata dall’Unione Europea, con una risposta compatta, che tenga conto di tutte le variabili» conclude il presidente.