TRIESTE – Una lunga serie di interventi, sia in Italia che all’estero, causeranno disagi al traffico ferroviario dei porti di Trieste e Monfalcone, ma Alpe Adria e Adriafer hanno già messo in atto contromisure per ridurre i disagi ai clienti.
La situazione è stata esaminata ieri al Propeller Club di Trieste, dove è intervenuto anche Carlo De Giuseppe, responsabile delle opere infrastrutturali di Rfi (Rete ferroviaria italiana) sul territorio.
Lunga la lista di lavori, in parte già ben avviati, e di progetti a supporto del traffico. De Giuseppe ha illustrato gli obiettivi che comprendono la previsione della struttura ferroviaria al 2030 nel Friuli Venezia Giulia. Anche la parte orientale del Friuli sarà interessata da lavori, mentre finora si è proceduto soprattutto lungo le direttrici dei Corridoi europei, così come indicato a livello nazionale.
«Il Pnrr è stato importantissimo, altrimenti non ci sarebbe stata la possibilità di intervenire. Campo Marzio (la stazione a servizio del porto di Trieste, ndr) è diventato un vero e proprio nodo e non più solo una stazione. La stazione di Servola (a servizio del futuro terminal container del Molo VIII, ndr) sarà realizzata in esercizio, senza chiusure – ha spiegato De Giuseppe – e Trieste sarà l’unico porto d’Italia ad avere binari per formare treni da 750 metri».
La stazione di Opicina è interessata da ammodernamenti dopo che, negli anni passati, il forte decremento del traffico con la Slovenia aveva fatto dismettere una buona parte dei binari. Anche quella di Tarvisio, in prospettiva, necessiterà di nuovi fasci. Resta il problema del tratto più lento, quello fra Ronchi dei legionari e Trieste, dove si deve ancora decidere il da farsi.
La “lunetta di Gorizia” ha ottenuto la Valutazione di impatto ambientale ed è calibrata al 2026, anche se resta da fare la gara d’appalto: l’intervento collegherà in modo diretto la rete italiana a quella slovena, senza fare manovra alla stazione di Gorizia.
Interventi e progetti che comporteranno però anche la chiusura di Tarvisio dal 12 al 27 luglio, periodo nel quale il porto di Trieste sarà costretto ad utilizzare il valico del Brennero, già in difficoltà per conto suo.
Da sommarsi ai disagi, la chiusura del tunnel dei Tauri (in Austria) a partire da novembre per circa otto mesi e le manutenzioni lungo la rete ferroviaria slovena che stanno proseguendo con brevi interruzioni del servizio.
Tutti d’accordo nel sostenere che si tratta di interventi necessari, anche se il professor Giovanni Longo dell’Università di Trieste ha “consigliato” di valutare una suddivisione in fasi degli interventi previsti nei prossimi anni. «Nessuno ha la sfera di cristallo per valutare l’evoluzione della crisi, anche se io credo che non diventerà strutturale, ma bisogna coniugare scelte di carattere pianificatorio con eventi anche estremi» ha detto Longo. Una sorta di procedura per step intermedi, che consentirebbe di “accontentarsi”, limitando investimenti esagerati, facendosi trovare pronti per eventuali sviluppi.
Il porto di Trieste si sta però attrezzando, per impedire che la “rivoluzione ferroviaria” del primo scalo in Italia per numero di treni, possa avere ripercussioni eccessive sulla clientela.
Di questo ha parlato Maurizio Cociancich, amministratore delegato di Adriafer (società controllata dall’Autorità di sistema portuale), divenuta ormai ben più del soggetto che si occupava delle manovre interne al porto di Trieste. «Adriafer è impegnata su più fronti ed è diventata un fluidificatore di sistema. Dobbiamo essere pronti – ha spiegato Cociancich – per la volatilità, la prevedibilità è sempre più bassa, e per farlo servono capacità e risorse. Ogni mese verifichiamo il numero di treni rispetto alle previsioni su base annua. Abbiamo creato e stiamo sviluppando un ecosistema ferroviario che vada incontro ai porti di Trieste e Monfalcone, ma anche al sistema logistico regionale. Siamo sempre più a disposizione dei nodi interni, ma anche dell’industria. Siamo il braccio operativo di questo sistema». Adriafer sta mantenendo la capacità di manovra, in modo da essere pronti alla ripartenza e non aspettare mesi prima di tornare a regime.
La chiusura è spettata ad Antonio Gurrieri (altro dirigente dell’Authority di Trieste, dove è appena stato nominato anche Segretario generale), presente all’incontro in qualità di amministratore delegato di Alpe Adria.
La società di logistica si occupa della fase di startup dei servizi ferroviari collegati ai traffici marittimi ma, come testimoniano gli oltre 100 milioni dell’ultimo bilancio, sempre più impegnata anche nel traffico continentale.
«Il “modello Trieste” ha tenuto, nonostante sia stato interessato negli ultimi anni da eventi geopolitici molto impattanti. Abbiamo dovuto anticipare le mosse, creando dei corridoi integrati multiplayer – ha spiegato Gurrieri – come quello dei Balcani o del Baltico attraverso la Germania. Ora mi auguro che si infoltisca la parte italiana, anche se adesso siamo impegnati per la maggior parte sul territorio europeo».
Gurrieri si è detto preoccupato dalle interruzioni, ma anche conscio che senza interventi non ci può essere sviluppo, augurandosi che il sistema messo in piedi da Alpe Adria possa estendersi nel resto d’Italia.