TRIESTE – La politica italiana e quella europea non sanno cosa sta succedendo in Mar Rosso a causa degli attacchi alle navi da parte dei ribelli Houthi dallo Yemen.
Lo ha detto oggi a Trieste il presidente dell’Autorità di sistema portuale, Zeno D’Agostino, anche alla guida dell’associazione dei porti europei (Espo), intervenendo a una tavola rotonda organizzata dal professor Massimo Campailla, docente di Diritto della navigazione e dei trasporti all’Università di Trieste e socio dello Studio legale Zunarelli, dal titolo “La crisi mediorientale e la portualità adriatica: quali i possibili scenari economico–giuridici?”
D’Agostino ha illustrato lo scenario, proprio partendo dalla grande confusione creata a livello internazionale dalle azioni di attacco, definite “intelligenti”, perché gli Houthi non attaccano navi di Stati o proprietari che professano la stessa religione o hanno interessi economici comuni.
«Maersk e Msc non passano da Suez. Cma Cgm prima ha detto di voler passare e poi ha cambiato idea. Cosco ha detto da subito di voler tagliare traffici con Israele, e OOCL sta passando. Poi – ha continuato D’Agostino – sono state create nuove compagnie di navigazione, soprattutto cinesi, per passare solo il canale di Suez con operazioni di trasbordo. La Commissione Ue e il governo italiano dovrebbero avere, come minimo, un quadro di ciò che sta succedendo per poter decidere una strategia».
Il presidente dell’Autorità di sistema portuale che gestisce i porti di Trieste e Monfalcone ha poi attirato l’attenzione sull’aspetto economico della questione: «Chi non passa da Suez e passa dal Capo di Buona Speranza sta guadagnando: eravamo tra i 1800-1900 dollari a container tra Asia e Europa. Oggi siamo almeno al doppio» ha detto D’Agostino riferendosi all’aumento dei noli.
Per quanto riguarda la rotta adriatica e il porto di Trieste in particolare, il presidente dell’Authority ha fatto riferimento ai dati di gennaio (traffico container), sottolineando che il calo (almeno un 26% in termini di Teu), è stato inficiato dalla rotta di circumnavigazione dell’Africa. «In febbraio, invece, stiamo assistendo ad un forte calo del transhipment e per adesso non c’è un calo del traffico gateway. Gli operatori restano in attesa in attesa, lo abbiamo visto a Berlino (fiera Fruit Logistica, ndr), per vedere se crisi perdura, perché – ha spiegato D’Agostino – è difficile trasferire traffici dai porti Adriatici a porti del Nord Europa».
E se la situazione dovesse perdurare? «Stiamo cercando alternative. Dobbiamo essere in grado di fermare, sia sui cavi che sui trasporti, ciò che passa per il porto. Sia con attività logistiche – ha risposto D’Agostino – che industriali, cosa che stiamo già facendo. Possiamo anche ipotizzare che il problema di Suez e del Mar Rosso possa cronicizzarsi. Anche per questo stiamo analizzando i collegamenti con il Marocco e quelli Intramed. Se si crea qualcosa in più, il traffico ci pensa prima di mollarti».
A questo proposito, Stefano Mazzitelli, direttore Mercato business di Open Fiber spa, ha riferito di un progetto per far diventare Trieste un terminale di arrivo di cavi sottomarini per il flusso di dati, sulla falsariga di quanto realizzato al porto di Marsiglia. «Trieste è appetibile perché non ha cavi e quindi può essere un’alternativa a Marsiglia, già congestionata. Open fiber è interessata alla parte terrestre» ha detto Mazzitelli, spiegando che non ci sono alternative ai cavi sottomarini, in riferimento ai presunti danneggiamenti di strutture sul fondale del Mar Rosso attribuiti – senza conferma ufficiale – agli stessi ribelli Houthi.
La possibilità che il porto di Trieste diventi una specie di hub per lo smistamento di cavi sottomarini in fibra ottica era già stato in qualche modo prospettato dall’Autorità di sistema portuale, nell’ambito di un progetto di comunicazione su base quantistica. Oggi però, quelle intenzioni sembrano più vicine alla concretizzazione.
Il convengo all’ateneo triestino si è sviluppato lungo le tematiche delle criticità per la filiera della logistica con l’aumento delle tariffe dei noli e le rotte più lunghe dovute proprio alla situazione nel Mar Rosso. Il quesito, che purtroppo ha avuto risposta negativa o quantomeno incerta, era quello di capire se si sta programmando qualcosa di diverso, per evitare condizioni di emergenza.
Marco Spinedi, presidente di Interporto Bologna, ha fatto il quadro dei traffici mediterranei con i dati del 2022: circa 68 milioni di Teu movimentati nei vari porti, con una grande crescita nella parte orientale e in quella occidentale del Mare. Molto più contenuta nella parte centrale. «Si rischia che porti di transhipment come Tangermed e Algeciras, ridisegnino la geografia dei traffici» ha detto Spinedi.
Giuseppe Borruso, professore di Geografica economico-politica all’Università di Trieste, ha attirato l’attenzione sui circa 22mila passaggi di navi all’anno per il Canale di Suez, mentre Giovanni Longo, docente di Ingegneria dei trasporti alla stessa Università, ha ragionato sulla capacità delle reti ferroviarie europee e sulla possibilità di quest’ultime di ricevere nuovo traffico, in caso di spostamento dei flussi di merci verso i porti del Nord Europa.
Del Canale di Suez e della sua importanza sia per l’Europa che per l’Italia in particolare, ha parlato anche Luca Sisto, direttore generale Confitarma. Sisto si è soffermato sul significato del fatto che le richieste di difesa delle rotte da parte degli armatori allo Stato italiano siano state accettate: un riconoscimento di come quest’attività privata sia strategica per lo Stato. «Quando si collegano due punti, non si fa solo ausilio tra domanda e offerta, si creano reti, si crea economia. Non vedo quindi solo l’interesse di parte, che peraltro confermo, nello sviluppo marittimo. Dimenticare il mare è dimenticare noi stessi» ha concluso Sisto nel commentare l’ipotesi di nuove rotte Intramed.
Stefano Zunarelli, professore di diritto della navigazione all’Università di Bologna, ha esposto un focus sulle questioni giuridiche e assicurative legate alla nuova situazione del Mar Rosso.