TRIESTE – Slittamenti dovuti a situazioni contingenti, alcuni fraintendimenti sulle date di esecuzione e conclusione lavori, ma la rassicurazione che non sarà pregiudicata la capacità ferroviaria del porto di Trieste e del sistema logistico regionale.
Carlo De Giuseppe, responsabile commerciale di RFI Rete ferroviaria italiana) per il Nordest, fa il punto della situazione sui progetti per il Friuli Venezia Giulia e per il porto di Trieste, dopo che l’ultima versione del Piano commerciale aveva suscitato qualche perplessità da parte degli operatori. Soprattutto per i ritardi elencati e nonostante la sostanziale conferma degli interventi da mettere in atto e dei relativi, pesanti, investimenti.
«Credo ci sia stata una serie di incomprensioni. Tanti interventi erano stati indicati “oltre il 2024” nell’edizione 2021 (del Piano, ndr) – spiega De Giuseppe – e con la nuova versione del Piano commerciale del 2022 è stata indicata una data precisa dal momento che l’orizzonte, coerentemente con il nuovo Piano Industriale, è stato allungato al 2026, per cui la data effettiva di attivazione non è cambiata. Qualche slittamento c’è stato, ma non ne farei una grande questione, per un anno in più, considerando il respiro e la portata delle opere in questione».
Uno dei progetti più importanti che ha subito uno slittamento è proprio quello relativo alla Stazione di Campo Marzio, fulcro delle infrastrutture a servizio del porto di Trieste
«Le criticità, dovute anche alle difficoltà nelle forniture dei materiali in relazione allo scenario di crisi internazionale, che hanno determinato un ritardo rispetto all’iniziale previsione di attivazione di Campo Marzio, sono oggi superate. Già nel 2024 l’ACC (Apparato centrale computerizzato) di Trieste Campo Marzio, primo grande traguardo, sarà attivato, e nel 2026 i lavori saranno conclusi» spiega ancora il manager.
Del resto, è passato poco più di un anno dalla audizioni del responsabile commerciale di RFI alla Commissione regionale competente, e sul tavolo rimangono sempre gli stessi punti chiave: velocizzare la linea Trieste-Venezia, sciogliere il nodo ferroviario di Udine, sostituire numerosi passaggi a livello, investire sul potenziamento infrastrutturale del porto di Trieste. Qual è, al di là dei singoli progetti, lo stato di fatto degli interventi nel Friuli Venezia Giulia, nell’ottica del trasporto merci?
«Innanzitutto, bisogna chiedersi se c’è rete sufficiente per assorbire il traffico portuale. E ad oggi la risposta è affermativa. Certo, se si vuole sviluppare la rete, ci vogliono 10 anni di tempo. Ciò che stiamo facendo adesso è stato pensato dieci anni fa e, con le opere che si stanno realizzando, si possono raggiungere i 25000 treni all’anno previsti a regime dal porto di Trieste. Nel frattempo, siamo intervenuti e stiamo intervenendo sugli elementi essenziali dell’infrastruttura: sagoma, peso assiale e lunghezza dei treni».
In realtà, si sta provvedendo anche ad un’altra importante serie di interventi, che consentirà di aumentare la capacità e l’interoperabilità con gli altri Paesi UE.
«Sì, si tratta dell’Ermts (European Rail Traffic Management System), un sistema di distanziamento che consentirà di avere una sorta di patente europea per non dover cambiare macchinisti e mezzi di trazione a ogni confine, diminuendo così i costi di trasporto. Questo garantirà inoltre un vantaggio per il distanziamento automatico dei treni e quindi di aumentare la capacità della linea. Entro il 2036 non ci saranno più i segnali semaforici sulle linee. Togliere i cavi che li alimentano, per fare un esempio, significa aumentare di tanto l’affidabilità rispetto ai guasti della rete».
Al porto di Trieste c’è grande attesa per i lavori della stazione di Servola, progetto dell’Autorità di sistema portuale, da collegare alla rete internazionale.
«Si tratta di un progetto a tre mani tra Rfi, Autorità portuale e HHLA-PLT Italy. L’Autorità portuale ha 180 milioni dal Fondo complementare al Pnrr, mentre RFI nell’aggiornamento al Contratto di Programma 2022-26 ha previsto lo stanziamento dei fondi per il progetto del collegamento diretto alla Piattaforma logistica dalla rete nazionale. Ma il grosso del lavoro resta la stazione di Servola».
Sempre in relazione al porto di Trieste, quando è prevista l’apertura dei binari di Aquilinia?
«La stazione di Aquilinia sarà ripristinata all’esercizio entro giugno di quest’anno, e potrà così servire FreEste (l’area di Punto franco dove sta sorgendo Bat, ndr), su richiesta di Interporto Trieste, e fungere da polmone per la Piattaforma logistica. Nel 2026 poi sarà finita del tutto».
Il porto di Trieste è internazionale di nome e di fatto. Quali le sinergie con la rete europea per poter arrivare su sempre maggiori destinazioni con treni da 750 metri e con quali tempistiche?
«I Corridoi europei sono internazionali per definizione, ma comunque ci sono contatti costanti per sviluppare sinergie. RFI attiverà il modulo di alcuni corridoi, come il Baltico-Adriatico, in anticipo rispetto all’impegno Europeo del 2030, con l’obiettivo di far viaggiare su treno il 30% delle merci con destinazione oltre i 300 chilometri».
Nel frattempo (246 i milioni di euro a disposizione), verranno attivate tra il 2025 e il 2026 le tecnologie per il potenziamento del tracciato Venezia Mestre– Trieste. Al termine degli interventi prioritari, saranno eliminate alcune criticità come i raggi delle curve e i passaggi a livello, per le merci ci sarà l’adeguamento al modulo da 750 metri, mentre la capacità della linea salirà dai 7 ai 10 treni per ora.