TRIESTE – Con l’insediamento di Innoway (Gruppo Msc) nell’area di Bagnoli della Rosandra a sostituire Wartsila, la piena attuazione delle prerogative del Porto Franco di Trieste potrebbe essere ad una svolta.
A sottolinearlo, nei giorni scorsi, era stato il presidente della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. Oggi lo ribadisce il presidente di Confetra Fvg, Stefano Visintin, spiegando la novità: ipotesi vantaggi fiscali sulla scia di altre zone franche europee.
Presidente Visintin, a Trieste arriva MSC con Innoway come soggetto industriale e prova a dare una svolta alle questioni del Punto franco, mai risolte…
«Con grande soddisfazione accogliamo l’impegno espresso nell’Accordo di programma per la riconversione produttiva dell’area ex Wartsila da parte del ministero delle Imprese e del Made in Italy unitamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per una più ampia attuazione dell’articolo1 dell’Allegato VIII al Trattato di Pace. Emerge pienamente l’importanza dell’applicazione del regime di Porto franco in ambito industriale. L’Associazione degli Spedizionieri di Trieste lo ha sempre sostenuto, anche quando la maggior parte del mondo produttivo era perlomeno insensibile al tema. Importanza che viene confermata dalle istanze presentate proprio dalla Innoway, considerando i benefici di tale regime come centrali per lo svolgimento delle nuove attività produttive».
Ma quale sarebbe la differenza sostanziale con altri tentativi già fatti, per dare attuazione a tutte le prerogative del regime internazionale che Trieste dovrebbe avere da decenni?
«Che l’impegno venga assunto direttamente dal capo del Governo è fondamentale, in quanto la Commissione Europea, sollecitata dal Senato su tale tema, aveva chiaramente risposto che la competenza era in capo al governo italiano e non al parlamento. In questo modo il Governo adempie all’impegno assunto nel dicembre 2022, quando aveva fatto propria una mozione presentata dall’onorevole Matteoni».
Facciamo una fotografia dell’esistente, per capire cosa si può fare o non fare nei Punti franchi.
«Leggendo anche quello che non sta scritto, si potrebbe intendere che la lavorazione delle merci in regime di Porto franco sia già data per scontata, permettendo così di combinare le materie prime estere per ottenere un prodotto finito senza pagamento di dazi, anticipi di Iva all’importazione e senza necessità di presentare garanzie bancarie o assicurative a favore della dogana per pari importi. Una volta ottenuti i prodotti finiti, sarà l’operatore economico a decidere se importarli in Europa, pagando il relativo dazio e Iva all’importazione o se lasciarli allo stato estero ed immetterli in consumo fuori dall’Unione Europea. D’altronde, da anni sosteniamo che la soluzione debba essere un chiarimento esplicativo nei confronti degli enti coinvolti, prima fra tutte l’Agenzia delle dogane, eventualmente di natura legislativa nazionale, non essendo necessario coinvolgere l’Unione Europea su un punto intrinseco al regime di Porto franco».
Ma stavolta non si parla solo di Dogana…
«Infatti, l’impegno assunto dal ministero delle Imprese è di dare attuazione ad un regime fiscale, non doganale, agevolato, comparabile a quello di altri porti franchi o zone franche europee. Ricordiamo a tale proposito che con l’articolo 1 dell’Allegato VIII si prevedeva che il Territorio Libero di Trieste mantenesse il Porto franco a favore di “tutto il commercio internazionale e della Jugoslavia, l’Italia e gli Stati dell’Europa Centrale, secondo le consuetudini vigenti negli altri porti franchi nel mondo”. In base al Memorandum di Londra, l’Italia subentra al Territorio Libero di Trieste in tale impegno».
Niente paradisi fiscali, quindi, ma sostanziali risparmi per chi decide di produrre a Trieste nelle aree dedicate?
«A mio giudizio è francamente impensabile che, all’interno dell’Unione Europea, di cui l’Italia fa parte, si possa creare un paradiso fiscale, richiamando altre esperienze mondiali come, ad esempio Dubai. Ma, correttamente, il termine di paragone può essere quello di altre zone franche in altri paesi europei».
Quali sono le peculiarità che potrebbero ancora essere sviluppate all’interno del regime di Porto franco?
«Va tenuto presente che il principale beneficio è quello doganale, che per genesi del suo regime particolare, risalente alla concessione del 1719, fatto proprio dal Regno d’Italia fra i due conflitti mondiali e fondato sul trattato di pace di Parigi ed il Memorandum di Londra, deve essere perpetuo. Potrebbe essere fatta ulteriore chiarezza sulle riduzioni di imposte e accise sulle materie energetiche, sia per quanto riguarda il loro consumo, che per la loro produzione nei punti franchi».
A Trieste è atteso un nuovo presidente del Porto, che è anche il “responsabile” del Punto franco…
«Come in una meravigliosa torta Sacher, quello che conta è apprezzare bene la stratificazione. In questo caso delle fonti normative. Confidiamo quindi che il prossimo presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Orientale, che, in base al decreto interministeriale del 2017 è titolare di tale regime doganale, abbia una visione chiara di tali fonti e le possa sostenere, sviluppare e, se necessario, difendere. Analogamente a quanto fatto da Zeno D’Agostino e continuato dall’attuale commissario Vittorio Torbianelli».