TRIESTE – L’Organizzazione europea dei porti marittimi (ESPO) è preoccupata dai segnali di “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio” in vista del via al sistema Eu-Ets.
L’Espo – presieduta da Zeno D’Agostino, anche alla guida dell’Autorithy di Trieste – ritiene che le intenzioni delle normativa siano buone, ma che rischino di far fuggire le compagnie di navigazione a causa della tassazione che penalizzerebbe i porti europei.
Nell’ambito del processo di attuazione della direttiva sul sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS) per il settore marittimo, la Commissione ha tenuto una consultazione pubblica sull’elenco dei porti limitrofi non appartenenti all’UE – ricorda Espo in una nota – che rientrerebbero nella “clausola di trasbordo” introdotta nella direttiva per limitare i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e delle attività commerciali una volta che il sistema ETS marittimo dell’Unione europea entrerà in vigore.
Nella sua risposta alla consultazione, Espo ribadisce il suo sostegno a un sistema di scambio di emissioni come strumento per rendere più ecologico il settore del trasporto marittimo, ma esprime la sua seria preoccupazione per i primi segnali di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e delle attività commerciali a causa del campo di applicazione limitato dell’attuale legislazione.
«Assistiamo a un vero e proprio aumento degli investimenti in capacità aggiuntiva di TEU nei porti e nei nuovi terminali dei Paesi limitrofi, compresi gli investimenti realizzati dalle principali compagnie di navigazione in questi porti, e sentiamo anche parlare dei primi spostamenti fuori dall’Europa. Ciò rafforza l’idea – evidenzia Zeno D’Agostino, presidente Espo – che le compagnie di navigazione, ove necessario, stiano preparando la loro uscita dal sistema ETS marittimo dell’UE. Riconosciamo l’importanza della direttiva EU-Ets e ne sosteniamo l’obiettivo, ma continuiamo a deplorare che questo quadro legislativo svantaggi i porti dell’UE rispetto a quelli extra-UE, senza i benefici attesi in termini di riduzione delle emissioni».
Per l’ESPO, il principio di non considerare come “porto di scalo”, ai fini del conteggio degli oneri ETS, gli scali in alcuni porti di trashipment confinanti con l’UE è solo una soluzione parziale al problema. Pur dicendosi d’accordo con l’identificazione di Tanger Med e Port Said Est come principali porti di trasbordo confinanti, Espo ritiene che non sarà sufficiente a garantire “la fuga”. Mentre solo pochi porti limitrofi raggiungono le soglie di volume di trasbordo molto elevate previste dalla legislazione (65%), molti porti e terminal in tutta Europa hanno già o stanno aumentando la capacità di trashipment. La Commissione dovrebbe quindi non solo considerare i volumi attuali, ma anche questo parametro.
“Inoltre, in base alla legislazione attuale, anche se lo scalo in un porto di trasbordo non UE è soggetto al regime speciale, per le navi è comunque più favorevole fare scalo in un porto non UE che in un porto di trasbordo UE. Quando le navi fanno scalo in un porto di trasbordo dell’UE, l’ultima tratta tra il porto di trasbordo e qualsiasi altro porto dell’UE è soggetta alle tariffe ETS per il 100% del viaggio. Se invece le navi fanno scalo in un porto di trasbordo non UE, viene considerato solo il 50% del viaggio” spiega ancora la nota Espo.
Affinché il sistema EU-Ets abbia successo, Espo ritiene che la Commissione europea debba assicurarsi che l’attuazione salvaguardi la competitività dei porti europei ed eviti la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e delle attività nei porti vicini all’UE.
Per i porti europei, sempre secondo Espo, il monitoraggio dovrebbe avvenire già prima della data di applicazione, in quanto i “movimenti” da parte di operatori e compagnie sono già in preparazione o stanno avvenendo. «Bisogna rendersi conto che una volta che la fuga è stata accertata e le rotte commerciali sono cambiate, sarà molto difficile invertire gli sviluppi negativi» ha ribadito Isabelle Ryckbost, Segretario generale Espo.
“Sebbene sia difficile dimostrare un nesso causale diretto tra alcuni riorientamenti e gli sviluppi dei terminal al di fuori dell’UE, il livello e l’intensità dei recenti sviluppi nei porti extra-UE rafforzano la preoccupazione di molti porti europei interessati dal possibile effetto negativo dell’ETS UE – continua la nota – senza i benefici ambientali attesi. Oltre a perdere capacità di trasbordo e i relativi posti di lavoro, l’Europa rischia di perdere la supervisione e il controllo dell’intera supply chain”.