TRIESTE – Sfortuna a leggerezze, anche gravi. Queste, secondo Vittorio Bucci, docente all’Università di Trieste, le cause generiche dell’affondamento del superyacht Bayesian, costato la vita a sette persone in rada a Palermo.Ingegnere navale professore associato di Costruzioni e impianti navali e marini all’ateneo triestino, Bucci su quelle navi ci ha lavorato. Perché, oltre ad essere da più di 10 anni docente del corso di “Progettazione di imbarcazioni da diporto” nel corso di laurea magistrale in Ingegneria navale, dal 2008 al 2011 è stato responsabile di progetto (in uno uno studio di Trieste) di tutte le commesse legate alla progettazione funzionale e costruttiva delle unità di “Perini Navi”.
Il docente è stato anche Ausiliario del Collegio peritale del GIP e del GUP del Tribunale di Grosseto, per il procedimento relativo al naufragio della “Costa Concordia” davanti l’Isola del Giglio.
Professor Bucci, possiamo ipotizzare cosa è successo in termini generali?
«Tutta la tragica vicenda può essere riassunta in: una serie di sfortunati eventi aggravati da qualche imperdonabile leggerezza di troppo, che hanno portato ad un disastroso risultato».
Più nel dettaglio, com’è affondato il superyacht?
«L’ipotesi più verosimile che si è letta in questi ultimi giorni, e che personalmente mi sento di condividere, è quella che vede la nave ormeggiata in rada (quindi all’ancora) investita da una tromba d’aria con venti di 70 nodi per circa una quindicina di minuti: lo sfortunato evento. La nave ormeggiata all’ancora dopo essersi allineata con il vento deve aver iniziato a sussultare (moto che vede prua e poppa oscillare sulle onde come su un’altalena), seppur limitata nei suoi movimenti liberi proprio dalla catena di ormeggio: sarebbe da capire se la lunghezza del calumo di catena fosse adeguata al fondale. Sembrerebbe che il portellone di poppa fosse aperto: prima leggerezza; come pure la porta di poppa del salone principale: seconda leggerezza; e perciò ha iniziato ad imbarcare acqua finché almeno un paio di compartimenti stagni, probabilmente anche tre, non sono stati compromessi e quindi ha iniziato inesorabilmente ad affondare. Sembrerebbe anche che, nonostante fosse stata diramata un’allerta meteo molto seria, non ci fosse nessuno di guardia in plancia: terza leggerezza; e che la gestione dell’emergenza a bordo non sia stata pronta ed efficace: quarta e più grave leggerezza».
È vero che questa tipologia di nave è sostanzialmente inaffondabile, al netto di un errore umano?
«Questa, come in realtà tutte le navi, sono progettate e verificate per affrontare la navigazione a cui saranno destinate durante il loro servizio. Nel caso specifico, il Bayesian non aveva alcun limite di navigazione e quindi era perfettamente in grado anche di affrontare lunghe traversate oceaniche con la conseguente incertezza sulle condizioni meteo marine che avrebbe potuto incontrare. In particolare, in navigazione a motore le sue caratteristiche di stabilità allo stato integro erano assicurate dalla presenza della deriva in configurazione chiusa, mentre in navigazione a vela era necessario aprire tutta la deriva per contrastare in maniera efficace gli sbandamenti indotti dall’azione del vento sulle vele. In ogni caso stiamo parlando di una nave a vela che, se non ormeggiata alla fonda, sarebbe stata in grado di resistere al forte vento che l’ha investita e probabilmente anche di cavalcarlo con le sue vele in navigazione. Riassumendo: inaffondabile a meno di un evento catastrofico ed una condotta impropria».
Neanche con una tromba marina e venti da centinaia di chilometri orari?
«Faccio solo una conversione delle velocità ad un concittadino che condivide con me l’esperienza della bora. Settanta nodi di vento (velocità delle raffiche rilevate a Porticello) sono equivalenti a circa 130 km/h. A febbraio è la tipica velocità delle raffiche della bora che in più di un’occasione ha spazzato la nostra costa per diversi giorni di fila. Eppure, a parte l’Ursus (gru pontone dlla vita centenaria, ndr) che ha rotto le vecchie e logore cime di ormeggio per farsi una gita nel Golfo, non abbiamo mai visto o sentito di tragedie paragonabili a quella del Bayesian. Ultima considerazione, traguardando l’orizzonte del Golfo di Trieste negli ultimi due anni lo sguardo non può che cadere sul veliero “Sailing A” sequestrato all’oligarca russo. Certo è una barca più grande, lunga 140 metri circa, con tre alberi di cui uno alto quasi 100 metri: ma quanta bora ha patito?»
Si allontana l’ipotesi del complotto?
«A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina. Ci sono davvero tante coincidenze stridenti, ma la tromba marina chi l’avrebbe potuta prevedere con tanto anticipo da organizzare il delitto perfetto? Non mi sento perciò confidente, fino a prova contraria, di uscire dagli aspetti puramente tecnici della vicenda».